Maddalena
Crippa alla Necropoli di Ameglia
Eneide,
un
racconto mediterraneo - Didone, Canto IV
Domenica
15 Luglio ore 21
Dopo
il successo riscosso da Tullio Solenghi, Teatro
Pubblico Ligure
torna ad Ameglia
(La Spezia) domenica 15
luglio
con una grande attrice del teatro italiano.
Maddalena
Crippa
alla Necropoli
preromana di Cafaggio
ripercorre i sentimenti e la passione di Didone
(libro IV) in Eneide
un racconto mediterraneo, un
progetto ideato e diretto da Sergio
Maifredi.
Alle ore 20,15 è possibile seguire una visita
guidata
al sito con gli archeologi di VaraMagra.
L’ingresso
è libero fino a esaurimento posti (si consigliano scarpe e
abbigliamento comodi). L’iniziativa,
promossa da Teatro Pubblico Ligure fa parte del circuito STAR -
Sistema Teatri Romani Antichi, è sostenuta da Regione Liguria –
Assessorato
alla Cultura e Comune di Ameglia.
Ecco
la scheda dello spettacolo:
Didone,
regina di Cartagine, si rivolge alla sorella Anna, ammettendo i
sentimenti per Enea, che ha riacceso l'antica fiamma d'amore, il solo
per cui violerebbe la promessa di fedeltà
eterna
fatta sulla tomba del marito Sicheo. Anna riesce a persuaderla: la
sorella è infatti sola e ancora giovane, non ha prole ed ha troppi
nemici intorno. Didone allora immola una giovenca al tempio e
riconduce Enea nelle mura. È notte. Giunone allora propone a Venere
di combinare tra i due giovani il matrimonio. Venere, che intuisce il
disegno di sviare Enea dall'Italia, accetta, pur facendo presente a
Giunone la probabile avversità
del
Fato.
L'indomani stesso, Didone ed Enea partono a caccia ma una tempesta li travolge: si rifugiano così in una spelonca, consacrando il rito imeneo.
La Fama, mostro alato, avverte del connubio Iarba, pretendente respinto di Didone e re dei Getuli, che invoca Giove. Il padre degli dei invia il suo messaggero Mercurio a ricordare a Enea la fama e la gloria che attendono la sua discendenza. Enea allora chiama i suoi compagni, arma la flotta e si appresta a partire. Ma Didone, già informata dalla Fama, corre infuriata da Enea, biasimandolo di aver cercato di ingannarla e ricordandogli del loro amore e della benevolenza con cui l'aveva accolto, rinfacciandogli poi di non avere neppure coronato il loro sentimento con un figlio. Enea, pur riconoscendole i meriti, spiega che non può rimanere, perché è obbligato e continuamente sollecitato dagli dei e dall'ombra del defunto padre Anchise a cercare l'Italia. Ritornato alla flotta, rimane impassibile alla rinnovata richiesta di trattenersi e alle maledizioni di Didone, che è perseguitata dal dolore con continue visioni maligne.
Così, nella notte, mentre la regina escogita il modo e il momento del suicidio per porre fine a tanti affanni, Enea, avvertito in sonno, fugge immediatamente da quella terra. All'aurora, con la vista del porto vuoto, Didone invoca gli dei contro Enea, maledicendolo e augurandogli sventure, persecuzioni e guerra eterna tra i loro popoli. Giunta sulla pira funeraria, si trafigge con la spada di Enea, mentre le ancelle e la sorella invocano disperate il suo nome.
Giunone poi invia Iride a sciogliere la regina dal suo corpo e a recidere il capello biondo della sua vita. Voltandosi indietro dal ponte della sua nave, Enea vede il fumo della pira di Didone e ne comprende chiaramente il significato: tuttavia il richiamo del destino è più forte e la flotta troiana fa vela verso l'Italia.
L'indomani stesso, Didone ed Enea partono a caccia ma una tempesta li travolge: si rifugiano così in una spelonca, consacrando il rito imeneo.
La Fama, mostro alato, avverte del connubio Iarba, pretendente respinto di Didone e re dei Getuli, che invoca Giove. Il padre degli dei invia il suo messaggero Mercurio a ricordare a Enea la fama e la gloria che attendono la sua discendenza. Enea allora chiama i suoi compagni, arma la flotta e si appresta a partire. Ma Didone, già informata dalla Fama, corre infuriata da Enea, biasimandolo di aver cercato di ingannarla e ricordandogli del loro amore e della benevolenza con cui l'aveva accolto, rinfacciandogli poi di non avere neppure coronato il loro sentimento con un figlio. Enea, pur riconoscendole i meriti, spiega che non può rimanere, perché è obbligato e continuamente sollecitato dagli dei e dall'ombra del defunto padre Anchise a cercare l'Italia. Ritornato alla flotta, rimane impassibile alla rinnovata richiesta di trattenersi e alle maledizioni di Didone, che è perseguitata dal dolore con continue visioni maligne.
Così, nella notte, mentre la regina escogita il modo e il momento del suicidio per porre fine a tanti affanni, Enea, avvertito in sonno, fugge immediatamente da quella terra. All'aurora, con la vista del porto vuoto, Didone invoca gli dei contro Enea, maledicendolo e augurandogli sventure, persecuzioni e guerra eterna tra i loro popoli. Giunta sulla pira funeraria, si trafigge con la spada di Enea, mentre le ancelle e la sorella invocano disperate il suo nome.
Giunone poi invia Iride a sciogliere la regina dal suo corpo e a recidere il capello biondo della sua vita. Voltandosi indietro dal ponte della sua nave, Enea vede il fumo della pira di Didone e ne comprende chiaramente il significato: tuttavia il richiamo del destino è più forte e la flotta troiana fa vela verso l'Italia.
Lo
spettacolo è proposto nell’ambito
del progetto progetto
STAR
– Sistema
Teatri Romani Antichi, ideato da Teatro Pubblico Ligure e nato in
accordo con i Poli Museali Italiani, le Regioni ed il Ministero dei
Beni Culturali al fine di promuovere il patrimonio archeologico che
si affaccia sul Mediterraneo attraverso spettacoli ed eventi. Il
proposito di Sergio Maifredi, direttore artistico di Teatro Pubblico
Ligure, è valorizzare siti come il Castello di Ameglia e la
necropoli preromana di Cafaggio attraverso il teatro, proponendo al
pubblico un’esperienza
in cui passato e presente sono uniti da un ideale ponte culturale.
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